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Santi del 12 Agosto

Il mio Santo > I Santi di Agosto

*Santi Aniceto e Fozio - Martiri (12 Agosto)

+ Nicomedia, Asia Minore
Martirologio Romano:
A Nicomedia, nell’odierna Turchia, Santi Aniceto e Fozio, martiri.
Furono uccisi a Nicomedia nel 305. Secondo i loro Atti, che i Bollandisti dichiarano fittizi, avendo Aniceto, ufficiale (comes) dell'esercito, contestato pubblicamente a Diocleziano l'errore del
paganesimo, fu condotto nel circo per essere sbranato dalle fiere: ma queste si ritrassero e, anzi, un leone gli lambì il volto per detergerne il sudore.
Subito dopo, un terremoto, segno della collera divina, sconvolse la città, rovesciando i venerati idoli di Ercole e uccidendo numerosi pagani.
Mentre il Santo subiva torture terribili quanto inefficaci, Fozio, suo nipote, si presentò a Diocleziano rimproverandogli l'effusione di tanto sangue innocente; immediatamente associato ad Aniceto, ne condivise il glorioso destino.
Aniceto e Fozio, infatti, furono bruciati vivi, ma i loro corpi non incenerirono e poterono essere sepolti cristianamente.
Qualche anno dopo la loro morte il corepiscopo Dulcizio fece costruire un oratorio dedicato ai martiri a Defeusa, piccola isola situata tra Samo e Lesbo.
I martiri di Nicomedia vengono invocati nei riti bizantini dell'Estrema Unzione e nella formula della benedizione dell'acqua.
Per loro esiste un intero Ufficio con canone di Giuseppe.
Nei Menei greci la passione di Aniceto e Fozio è ricordata con questo distico: «Il fuoco arde Aniceto assieme a Fozio, ed essi la casa della luce, invincibile».
La festa dei santi cade il 12 agosto, ma alcune fonti indicano l'11 agosto, mentre il Sinassario Abissino (volume dì Giobbe Ludolfo, sec. XV) li celebra l'8 agosto.

(Autore: Antonio Koren – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Aniceto e Fozio, pregate per noi.

*Beato Antonio Perulles Estivill - Martire (12 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:

"Beati Martiri Spagnoli della Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore" - Senza Data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" Senza Data (Celebrazioni singole)

Nacque a Cornudella (Tarragona), il 5 maggio 1892. Durante la formazione sacerdotale nel Collegio di San Giuseppe a Tortosa, al termine del quarto corso entrò nella Fraternità e lavorò pastoralmente nel collegio vocazionale di Burgos, ove fu ordinato sacerdote.
Nel 1932 venne trasferito al Seminario di Orihuela, ove nel 1933 fu nominato rettore, incarico che ancora svolgeva quando fu fucilato nei pressi di Marsá (Tarragona), sulla strada per El Molar, il 12 agosto 1936, a 44 anni.

Martirologio Romano: A Tarragona sempre in Spagna, Beato Antonio Perulles Estívill, sacerdote della Società dei Sacerdoti Operai Diocesani e martire, che ancora nella stessa persecuzione consumò sulla strada il suo martirio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Perulles Estivill, pregate per noi.

*Beato Bonaventura Garcia Paredes - Sacerdote Domenicano, Martire (12 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007”
Ulteriore scheda: “Martiri della Guerra di Spagna”

Castanedo de Luarda, Spagna, 19 aprile 1866 - Madrid, Spagna, 12 agosto 1936
Bonaventura Garcìa Paredes nacque il 19 aprile 1866 in Asturia (Spagna), a Castanedo de Luarda, in una semplice famiglia di pastori, i cui forti principi cristiani fecero maturare nel giovane la vocazione religiosa. Aiutava il padre nel pascolo delle pecore e frequentava la prima classe nella scuola parrocchiale, quando conobbe l’Ordine Domenicano durante una missione popolare nel suo paese.
I frati intuirono che il giovane possedeva doti non ordinarie e, nei due anni successivi, gli fecero frequentare la Scuola Apostolica Domenicana di Curias. Iniziò quindi il noviziato e, dopo un breve periodo in famiglia a causa di un problema di salute, proseguì gli studi a Toledo, abitando nella cella che era stata del martire San Melchor Garcìa Sampedro.
Il 30 agosto 1883 ricevette l’abito, quattro anni dopo fece la professione solenne. Prese il nome di Bonaventura di San Ludovico Bertran.
Frequentò i corsi di teologia ad Avila, studiando in particolare la Summa di San Tommaso d’Aquino. Passò all’Università di Salamanca, poi a Valencia e a Madrid.
Il 25 luglio 1891, nella cappella del palazzo episcopale di Avila, venne ordinato sacerdote. Nei vari corsi universitari che frequentò ebbe sempre i massimi voti. Ottenne il dottorato in filosofia e lettere, con tesi su s. Tommaso e l’estetica moderna, e in diritto civile.
Trentenne fu mandato nelle isole Filippine, a Manila, per completare gli studi, poi, tornato in patria, ad Avila, iniziò ad insegnare ed a pubblicare alcuni articoli. Nel 1901 fu eletto priore del convento di San Tommaso.
Ebbe quindi l’incarico di scrivere il volume dedicato a Papa Leone XIII per l’Historia Ecclesiastica iniziata dal P. Rivas e aprì una scuola a Segovia. Il 14 maggio 1910 fu eletto superiore della Provincia di Manila, la più numerosa dell’Ordine, che contava seicento frati. Animato dallo spirito missionario, si preoccupò costantemente della formazione dei nuovi frati. Visitò la Cina, il Giappone, il Vietnam, dove eresse scuole e ospedali. Fondò la rivista “Missiones Dominicanas”, per far conoscere le fatiche dei missionari.
A Manila progettò e costruì la nuova sede della curia provinciale. Nel 1911, a trecento anni dalla fondazione, diede inizio all’ampliamento della Università di San Tommaso in Spagna. Costruì inoltre il Centro Studi Teologici di New Orleans.
Al termine dei quattro anni di provincialato fu, da Papa Pio X, riconfermato nell’incarico perché proseguisse il suo intenso apostolato. Nel 1917 diede mano alla costruzione della casa del Rosario di Madrid di cui poi divenne superiore. Viveva in quella casa anche il b. Manuel Alvarez che riceverà, nel 1936, anch’egli la corona del martirio. Era un punto di riferimento per tutto l’Ordine e il 22 maggio 1926 fu eletto Maestro Generale, nonostante le sue suppliche d’esserne esonerato.
Alla prima benedizione come Maestro, erano presenti alcuni futuri compagni di martirio. Chiese la collaborazione di tutti, mettendo la preghiera a fondamento del nuovo, gravoso, compito. Si trasferì quindi nella sua nuova dimora, la città eterna.
Come guida di tutta la congregazione il suo impegno non poteva certo conoscere rallentamenti. Ad un anno dall’elezione assunse, nei confronti di tutte le monache e le suore legate all’Ordine, un provvedimento importante. Ognuna di esse, per diritto, poteva firmare con la sigla O.P. Tutti erano chiamati a testimoniare la fede nel nome del s. Padre Domenico, perché, come in una sola grande
famiglia, “batte in tutti i cuori domenicani, lo stesso amore per il bene comune dell’Ordine”. Nominò quindi le commissioni per adattare le Costituzioni, sia dei frati che del ramo femminile, al nuovo diritto canonico.
Intanto, nella sua amata Spagna veniva proclamata la Repubblica (1930), dopo la caduta del dittatore Primo de Rivera. Il governo era però debole e, per reprimere le agitazioni operaie in Asturia e in Catalogna, fu chiamata dal Marocco la Legione Straniera, comandata da Francisco Franco. Nel 1936 ci furono libere elezioni ampiamente vinte dal Fronte popolare che era però diviso al suo interno (era composto da anarchici, comunisti, socialisti e repubblicani). In questo clima ebbe il sopravvento, con un colpo di stato, Francisco Franco. Scoppiò la guerra civile che vide giungere nel paese moltissimi volontari antifascisti da tutta Europa mentre, dall’Italia e dalla Germania, arrivava il sostegno opposto.
I morti furono numerosissimi, tra i quali molti sacerdoti e molte suore, vittime di una cultura ideologica anticlericale.
Mentre giungevano anche le tristi notizie delle persecuzioni religiose in Messico, dopo alcune udienze private con Papa Pio XI, P. Bonaventura tornò in Spagna, consapevole di quanto fosse rischioso. Ai primi di agosto fu prelevato dal convento di Ocana e condotto a Madrid dove fu ucciso il 12 agosto 1936. Il figlio del pastore, che era stato guida di tutto l’Ordine dei Predicatori, come il Buon Pastore pronto a dare la vita per le sue pecore, testimoniava una fiduciosa rassegnazione alla volontà di Dio. Il Beato Bonaventura è stato beatificato, insieme a numerosi altri compagni, il 28 ottobre 2007.

(Autore: Daniele Bolognini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Bonaventura Garcia Paredes, pregate per noi.

*Beato Carlo Leisner - Sacerdote e Martire (12 Agosto)

Rees (Germania), 28 febbraio 1915 – Planegg (Monaco, 12 agosto 1945
Karl Leisner fu ordinato sacerdote nel lager di Dachau da un altro prigioniero, il vescovo di Clermont-Ferrand, Gabriel Piguet.
Il campo era stato appena liberato dagli americani.
Ma la gioia durò pochi mesi. Minato nel fisico, morì trentenne il 12 agosto del 1945.
Era nato a Kleve, in Renania e, dopo l’impegno nella gioventù cattolica, era entrato nel seminario di Münster, diocesi guidata dal cardinale Clement August von Galen, fiero oppositore di Hitler.
Leisner era stato internato per aver espresso a una persona il rammarico per il fallimento di un attentato al Führer.
É Beato dal 1996. (Avvenire)

Martirologio Romano: In località Planegg vicino a Monaco di Baviera, Beato Carlo Leisner, sacerdote e martire, che, ancora diacono, fu deportato in un carcere per la sua pubblica professione di fede e l’assiduo servizio reso alle anime e, ordinato sacerdote nel campo di prigionia di Dachau, tornato in libertà, morì per le torture patite durante la detenzione.
Nel grande disumano disastro, che fu la Seconda Guerra Mondiale (1939-45), apportatrice di lutti e distruzioni infinite, con ideologie di fondo quali l’esaltazione della razza ariana, l’antisemitismo, l’affermazione della potenza militare tedesca, l’eliminazione di tutti quelli considerati un peso e non di pura razza, come gli zingari, i malati mentali e cronici, gli omosessuali, s’inserì la persecuzione, la restrizione in famigerati campi di concentramento, l’eliminazione morale e fisica di milioni di ebrei, prigionieri di guerra e dissidenti del regime nazista.
Il gran numero di ebrei sia tedeschi, sia delle nazioni occupate o alleate, che morirono in quella “soluzione finale” di sterminio, culminata con la distruzione dei corpi nei forni crematori, ha fatto passare in secondo piano le altre vittime del nazismo, specie quelle tedesche, uomini e donne, sacerdoti, religiosi e suore, politici e militari, che coraggiosamente osarono opporsi all’imperante e spietato regime di Adolf Hitler e dei suoi gerarchi.
Ma col tempo essi affiorano dal fondo della storia di quei tragici anni, e per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, già molti dei suoi figli sacerdoti e laici, che vissero e testimoniarono con le loro sofferenze e morte, la fede in Cristo e nei valori umani, sociali e spirituali del cristianesimo, sono stati proclamati Beati o Santi, di altri la Causa di Beatificazione è in corso.
Citiamo qualche nome fra i tanti: S. Massimiliano Maria Kolbe, francescano conventuale polacco; Sant' Edith Stein, carmelitana ebrea polacca, Beato Clemente Augusto von Galen, arcivescovo di Münster; servi di Dio i fratelli Gedeone e Flavio Corrà, giovani laici italiani; Beato Giuseppe Kowalski, sacerdote salesiano polacco; servo di Dio Giuseppe Girotti, domenicano italiano; Beata Giulia Rodzinska, domenicana polacca; Beati cinque giovani oratoriani salesiani di Poznan (Polonia); Beato Luigi Liguda sacerdote polacco; Beato Marcello Callo, laico cattolico francese; Beata Marianna Biernacka, laica cattolica polacca; Beato Michel Kozal, vescovo ausiliare polacco; servo di Dio Odoardo Focherini, laico d’Azione Cattolica italiano; Beato Omeljan Kovc, parroco ucraino; Beato Otto Neururer, parroco austriaco; servo di Dio Placido Cortese, frate Minore Conventuale italiano; Beato Stanislao Kubista, sacerdote verbita polacco; servo di Dio Teresio Olivelli, soldato, partigiano e laico cattolico italiano; Beato Wincenty Frelichowski, sacerdote polacco; servo di Dio Josef Mayr Nusser, laico d’Azione Cattolica altoatesino; Beato Bernardo Lichtenberg, parroco tedesco; ecc.
A loro si aggiunge il sacerdote e martire tedesco, Beato Carlo Leisner, il quale nacque il 28 febbraio 1915 a Rees sul Reno, da Wilhelm Leisner, cancelliere del tribunale e Amalie Falkanstein, che ebbero altri quattro figli.
Nel 1921 la famiglia si trasferì a Kleve, dove Carlo frequentò la scuola elementare e poi il ginnasio, classificandosi sempre come il migliore; il 22 luglio 1927 ricevette la S. Cresima e nello stesso anno aderì all’Unione Giovanile S. Croce, una comunità di giovani impegnati nella rinuncia all’alcool ed al fumo, dove divenne un abile organizzatore che riusciva ad entusiasmare i giovani, suggerendo loro saldi principi religiosi.
Dopo aver frequentato negli anni 1931-33 gli Esercizi Spirituali, prima presso i Benedettini di Gerleve e poi presso i Gesuiti in due località tedesche, Carlo Leisner decise di diventare sacerdote.
Intanto in Germania si andava affermando il regime nazista, con l’avvento al potere di Hitler; e il 31 gennaio 1933 cominciarono le intolleranze e aggressioni della Gioventù Hitleriana (Hitlerjugend) contro le associazioni cattoliche e proprio in quel periodo Carlo Leisner si iscrisse all’Unione Giovanile Maschile Cattolica, rischiando nell’ultimo anno di liceo, l’espulsione dalla scuola per la sua opposizione all’ideologia nazista.
Superò brillantemente gli esami di maturità e il 14 maggio 1934, entrò nel Collegio Borromeo di Münster, per intraprendere gli studi di filosofia e teologia, senza tralasciare l’attività nel Movimento giovanile.
Il 17 settembre 1934, il vescovo di Münster, mons. Clemens August Graf von Galen, lo nominò dirigente delle Schiere Giovanili (Jungschar) della regione del Reno; nonostante le difficoltà della cruciale situazione politica, Carlo si impegnò con zelo, percorrendo la diocesi per contattare i giovani, organizzarli e dirigerli.
La Gestapo controllava i suoi movimenti con ostilità e sospetto; dopo un suo viaggio a Roma, il 29 maggio 1936 con udienza del papa Pio XI, la Gestapo di Düsseldorf cominciò a controllare la sua
corrispondenza, effettuò varie perquisizioni e aprì un dossier segreto su di lui.
Da aprile a settembre 1937, prestò servizio obbligatorio stabilito dal Reich, estraendo la torba da umidi paludi; fu un lavoro che lo minò irrimediabilmente nella salute.
Nell’autunno del 1937 ritornò a Münster, per portare a termine gli studi e prepararsi a ricevere gli Ordini Sacri.
Alternando i contrasti con la Gestapo, che il 27 ottobre 1937 sciolse le associazioni cattoliche, Carlo continuò gli studi ricevendo gli Ordini Minori, il suddiaconato e il 25 marzo 1938 il diaconato.
A maggio di quell’anno gli fu diagnosticata la tubercolosi polmonare, causata dal disagiato lavoro fatto nelle paludi; fu ricoverato nel sanatorio di St. Blasien, le cure diedero ottimi risultati e sarebbe guarito completamente se non fosse stato arrestato e deportato in campo di concentramento.
Oltre il contenuto del suo diario sequestrato e un infiammato discorso fatto al Movimento Giovanile il 31 dicembre 1937, contro le pressioni della polizia politica, la causa ultima dell’arresto fu la sua esclamazione “che peccato!”, alla notizia del fallito attentato a Hitler del 9 novembre 1939, che era rimasto illeso.
Il 9 novembre stesso, Carlo Leisner fu rinchiuso nel carcere di Friburgo, prima tappa di una via crucis di sofferenza; il 15 febbraio 1940 fu trasferito nel carcere di Mannheim, ricoverato nel reparto dei tubercolotici ove assisté gli ammalati più gravi.
Il 16 marzo 1940 fu portato nel campo di concentramento di Sachsehausen, nel blocco penale dei sacerdoti, dove le semplici baracche di legno, erano senza riscaldamento e con le finestre aperte di notte per la sorveglianza.
La madre inoltrò una richiesta di grazia, che fu rifiutata. A seguito della disposizione del Reich del 9 novembre 1940, che stabiliva che tutti i sacerdoti prigionieri fossero rinchiusi nel campo di concentramento di Dachau, anche il diacono Leisner fu lì trasferito il 14 dicembre e rinchiuso nel blocco riservato ai sacerdoti; le condizioni di vita erano durissime e nel 1942 vi morirono circa 500 sacerdoti.
S’impegnò a sollevare il morale dei compagni di prigionia, riuscendo a farsi mandare dalla famiglia una chitarra, per creare un po’ d’atmosfera lieta; ma la sua micidiale malattia prese a peggiorare sempre più e il 15 marzo 1942, dopo 16 mesi di quella vita impossibile, fu trasferito all’infermeria stipata di oltre 150 ammalati terminali e tubercolotici, abbandonati in attesa della morte.
Dopo sette mesi, nell’ottobre 1942 arrivò per lui l’ordine di trasferimento al reparto invalidi, che era praticamente l’anticamera della camera a gas; ma per l’intervento di alcuni sacerdoti internati negli uffici, si riuscì a revocare l’ordine.
In quella situazione, trascorse nella cosiddetta infermeria, tre lunghi anni, resistendo e aggrappandosi alla Sacra Scrittura e all’Eucaristia, tenuta segretamente e che distribuiva ai moribondi.
Era il 6 settembre 1944, quando nel campo di Dachau giunse il vescovo di Clermont-Ferrand, mons. Gabriel Piquet; allora il giovane diacono fece pervenire al vescovo della sua diocesi di Münster, mons. Clemente Augusto von Galen, fiero oppositore del nazismo, la sua richiesta di essere ordinato sacerdote.
Il 29 ottobre il vescovo diede l’autorizzazione e il 17 dicembre 1944, Carlo Leisner fu ordinato sacerdote segretamente da mons. Gabriel Piquet, nella cappella del campo.
Con l’aiuto dei sacerdoti internati, il 26 dicembre 1944, il novello sacerdote poté celebrare la sua prima ed unica Messa, in una cappella del duomo di Dachau, esprimendo l’intenzione di sacrificarsi per la gioventù, per il popolo tedesco, per l’Europa cristiana.
Inutilmente il cardinale arcivescovo di Monaco, Faulhaber chiese alla Gestapo il rilascio del giovane sacerdote gravemente ammalato; liberazione che avvenne solo con l’arrivo degli Alleati, il 4 maggio 1945.
Condotto nel sanatorio di Planegg presso Monaco, le sue forze andarono sempre più scemando, ormai il suo male era all’ultimo stadio; comprese che si avvicinava la fine e volle prepararsi, ricevé i Sacramenti e l’Estrema Unzione il 30 maggio 1945; incontrò il 29 giugno i genitori in un commovente ritrovarsi e il 10 agosto le tre sorelle; si spense serenamente nel suddetto sanatorio il 12 agosto 1945, a 30 anni.
I solenni funerali si svolsero a Kleve e fu sepolto nel locale cimitero; il 30 agosto 1966 fu esumato e i suoi resti mortali traslati nella Cripta dei Martiri del Duomo di Xanten, Germania. Il 15 marzo 1980, fu introdotto il processo per la causa di beatificazione, dal vescovo di Münster
Papa Giovanni Paolo II, l’ha proclamato Beato il 23 giugno 1996, durante il suo viaggio apostolico a Berlino in Germania.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Carlo Leisner, pregate per noi.

*Beato Carlo Meehan - Martire (12 Agosto)

Martirologio Romano: A Ruthin nel Galles settentrionale, Beato Carlo Meehan, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che, irlandese di origine, fu arrestato mentre era in viaggio attraverso questa regione verso la patria e, condannato a morte per essere entrato nei domini del re Carlo II, ottenne la palma del martirio subendo l’impiccagione e lo sventramento.
Nacque in Irlanda.
Entrato nei Frati Minori, aveva circa trentanove anni quando morì a Ruthin (1679), nel Galles del nord e fu uno degli ultimi martiri dell'epoca di Cromwell, sotto Riccardo, il figlio di Oliver.
É stato beatificato il 22 novembre 1987.
Nacque in Irlanda.
Entrato nei Frati Minori, aveva circa trentanove anni quando morì a Ruthin (1679), nel Galles del nord e fu uno degli ultimi martiri dell'epoca di Cromwell, sotto Riccardo, il figlio di Oliver.
É stato beatificato il 22 novembre 1987.
(Autore: Alban Butler – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Carlo Meehan, pregate per noi.

*Santa Cecilia di Remiremont - Badessa (12 Agosto)

VII secolo
Figlia di Romarico, si dedicò, insieme con la sorella Azaltrude, alla vita claustrale nel monastero di Remiremont, che il padre fece edificare per loro in Lotaringia.
Cecilia ebbe per lungo tempo l’incarico di badessa del monastero e alla sua morte godette subito di fama di santità.
La sua vita è da collocarsi nel settimo secolo.
Viene particolarmente invocata per le malattie degli occhi.
L’Ordine Benedettino la festeggia il 12 agosto.
Figlia del Beato Romarico, decise, con la sorella Azaltrude, di rinunziare al mondo: il padre edificò per loro il monastero di Remiremont, in Lotaringia (sec. VII), di cui Cecilia fu a lungo badessa.
È invocata soprattutto dai malati d'occhi, il che, forse, le valse i nomi di Cecilia e Chiara, mentre in origine si chiamava Gegoberga o Sigeberga.
I documenti che la ricordano sono tardi.
È commemorata il 12 agosto.

(Autore: Ambrogio Mancone – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Cecilia di Remiremont, pregate per noi.

*San Colombo e Compagni - Monaci Martiri a Lérins (12 Agosto)

† Lérins (Provenza), 739 ca.
Il martirio dell’abate Porcario e dei suoi ca. 500 monaci di Lérins, celebre abbazia benedettina posta sulle isole di Lérins in Provenza e fondata nel 410 da Sant' Onorato, è situato nell’VIII secolo, quando le lotte fra Musulmani e Franchi sconvolsero la Provenza.
Nel 736 e nel 739 il patrizio Mauronto, si ribellò contro Carlo Martello (689-741) figlio di Pipino di Héristal cui successe nel 716 come maggiordomo d’Austrasia, chiedendo l’aiuto dei Musulmani, i quali si sparsero per tutta la Provenza saccheggiando dappertutto.
A loro volta i Franchi di Carlo Martello, anche loro aiutati dai Longobardi, venuti in loro soccorso, misero a ferro e fuoco il Paese in rivolta, superando in distruzioni quelle dei Musulmani.
E in questo orribile contesto di violenze e di rappresaglie, che si colloca il martirio di Porcario abate e dei suoi numerosi monaci. Racconta una ‘Vita’ compilata nel secolo X, poi ricomposta nell’XI, che i Saraceni avevano già invasa la Provenza (la romana Provincia) regione meridionale della Francia, quando un angelo apparve all’abate di Lérins, Porcario, preannunciandogli che dieci giorni dopo, gli arabi si sarebbero impadroniti dell’abbazia e avrebbero ucciso i monaci.
In quel tempo l’abbazia benedettina di Lérins, posta sull’isola Saint-Honorat nel Mediterraneo di fronte a Cannes, contava più di 500 monaci, il numero così elevato comprendeva anche i monaci di altri monasteri dei dintorni che lì si erano rifugiati.
Alla notizia data dall’abate Porcario, tutti si dissero disposti a morire, tranne due giovani monaci di nome Colombo ed Eleuterio, che andarono a nascondersi in una grotta della costa. Il Santo abate dispose di mettere in salvo le reliquie conservate nel monastero e poi inviò in Italia trentasei novizi e sedici ‘alunni’, affinché un giorno potessero ritornare e così ricostruire l’abbazia.
In un anno imprecisato intorno al 739, i Saraceni effettivamente sbarcarono sull’isola, distrussero il monastero con tutte le cappelle, uccidendo purtroppo tutti i monaci (stragi usuali in quelle invasioni), tranne quattro giovani che decisero di portare in schiavitù con loro.
Dalla caverna in cui si era nascosto insieme ad Eleuterio, il giovane monaco Colombo, assisté terrorizzato all’eccidio dei suoi confratelli, vedendo le loro anime che salivano al cielo; preso dal rimorso e resistendo ai tentativi di trattenerlo di Eleuterio, si presentò ai saraceni che lo decapitarono subito, ultimo dei martiri.
Il racconto prosegue narrando che i quattro giovani monaci fatti prigionieri, riuscirono ad evadere mentre erano nel porto di Agav, fuggendo attraverso i boschi fino al villaggio di Ara Lucis (ora Arluc), da dove poi raggiunsero di nuovo l’isola, ritrovandovi Eleuterio, che spaventato non aveva lasciato il suo nascondiglio.
Tutti e cinque presero a seppellire a Lérins l’abate ed i ca. 500 monaci uccisi, poi al termine del pietoso e straziante compito, partirono raggiungendo i novizi che si trovavano in Italia, giungendo fino a Roma per raccontare al papa, la morte dei monaci e la distruzione della celebre abbazia. Vent’anni dopo, tutto il gruppo ritornò a Lérins e come aveva previsto l’abate Porcario, ricostruirono l’abbazia.
È fuor di dubbio che i martiri furono vittime dello scontro politico fra i Musulmani ed i Franchi, più che per motivi religiosi, ma in quello sciagurato periodo dell’VIII secolo, tutti gli uomini di chiesa, che morivano di morte violenta, venivano considerati martiri; giacché gli storici non sono in grado di stabilire l’esatto numero delle vittime, è da supporre che in realtà fra l’invasione musulmana e il conseguente contrattacco franco-longobardo, i martiri siano stati complessivamente un 500 anche se non tutti nello stesso momento.
Porcario, Colombo ed i loro compagni sono stati sempre venerati a Lérins come santi e martiri, con celebrazione al 12 agosto, data ripresa poi dal “Martirologio Romano”.
Nell’abbazia esiste una cappella del X secolo, che segna il luogo in cui la maggior parte dei monaci vennero uccisi. Certamente dato il gran numero, le reliquie in parte saranno state portate in altri luoghi in Europa, dove hanno ricevuto un culto locale.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Colombo e Compagni, pregate per noi.

*San Discolio IV - Vescovo di Vercelli (12 Agosto)

V secolo
Nell’antica basilica eusebiana, ora scomparsa e sostituita dall’attuale cattedrale, si vedeva dipinta nella navata centrale la serie dei primi 40 vescovi di Vercelli, partendo da Sant’ Eusebio fino a Nottingo, vissuti dalla metà del secolo IV all’830 circa; sotto ad ogni ritratto era scritto a grandi lettere il nome del personaggio rappresentato.
È ancora oggetto di studio, la datazione di questa serie di ritratti e di nomi, non è certo se fu realizzata da Norgando, immediato successore dell’ultimo effigiato e quindi nella prima metà del secolo IX, oppure da qualcuno dei vescovi, che eseguirono i restauri dopo la devastazione degli Ungari nell’899 o dopo l’incendio appiccato da Arduino da Ivrea (955-1015), che uccise il vescovo Pietro e ne incenerì la salma.
Certo i ritratti costituivano un documento autorevole per la storia degli antichi vescovi, ma essi per incuria o per vetustà, svanirono nel corso dei secoli, e soltanto 25 nomi poterono essere letti,
quando i vescovi Bonomio e Ferrero, alla fine del XVI secolo e al principio del XVII, vollero trascriverli per comporre il catalogo episcopale della diocesi.
A ciò si aggiunge la dispersione dei documenti d’archivio, avvenuta durante le invasioni barbariche, particolarmente nell’epoca longobarda.
Quel poco che si conosce sui vescovi di Vercelli, vissuti dalla metà del V secolo al principio del IX, deriva da iscrizioni sepolcrali, da alcuni libri liturgici locali, da documenti di altre Chiese e da notizie di storia civile.
Pertanto anche di San Discolio si sa ben poco, egli fu il quarto vescovo della serie, dopo Sant’ Eusebio († 371), San Limenio e Sant’ Onorato al quale successe nel secondo decennio del secolo V.
Il suo nome non appariva completo sotto l’antico ritratto quando fu trascritto, infatti si notavano soltanto le lettere ”…colius”; in antiche litanie della liturgia eusebiana, era invocato un San Duscolius, che gli storici locali identificarono con San Discolio.
Nella “Vita” di Sant’ Onorato, egli è menzionato brevemente con il nome di Duscelio, ma erroneamente, perché il nome Discolio è citato varie volte nell’antica onomastica romana.
Pur non essendoci un culto giunto fino a noi, San Discolio e il vescovo San Simplicio, sono catalogati insieme nell’autorevole “Bibliotheca Sanctorum” e giacché San Simplicio veniva ricordato il 12 agosto, si presume che anche San Discolio si celebrava nello stesso giorno.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Discolio IV, pregate per noi.

*Beato Emanuele Basulto Jimenez - Vescovo e Martire (12 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene: "Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Jaén" - Senza Data (celebrazioni singole) "Beati 522 Martiri Spagnoli"  Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole) "Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)
Adanero, Spagna, 17 maggio 1869 - El Pozo del Tio Raimundo, Spagna, 12 agosto 1936

Mons. Manuel Basulto Jimenez, Vescovo di Jaén, e 5 compagni furono martirizzati nel contesto della guerra civile spagnola. Nel 1880 entra nel Seminario Conciliare di Ávila e viene ordinato sacerdote nel 1892. Inizia il suo ministero parrocchiale a Narros del Puerto.
Nel frattempo, continua gli studi ottenendo la Licenza in Teologia nel Seminario Centrale San Carlo
Borromeo di Salamanca e quella in Diritto presso l'Università di Valladolid.
Ricopre vari incarichi sia come sacerdote, sia come professore in varie Università spagnole, unendo alla sua vita di studio anche un'intensa attività pastorale: Direttore del Circolo Cattolico degli operai, dell'Associazione dell'Apostolato della Orazione e della Conferenza di San Vincenzo de' Paoli, Canonico nella Cattedrale di San Isidro di Madrid.
È nominato Vescovo di Lugo, il 16 gennaio del 1910, poi vescovo di Jaén. Uomo di grande cultura e di profonda umanità, nella sua missione pastorale si preoccupa del clero, incentiva la catechesi dei piccoli e degli adulti, alimenta l'associazionismo sindacale dei circoli operai.
Dà un importante impulso allo sviluppo dell'Azione Cattolica, in particolare ai giovani. Al Vescovo Basalto, nei primi giorni della persecuzione religiosa della seconda Repubblica spagnola (1936-1939), è offerta la possibilità di fuggire, ma egli preferisce restare. Il 2 agosto 1936 il Vescovado viene assaltato dai miliziani e il Vescovo arrestato.
Condotto in treno a Vallecas, vicino Madrid, insieme ad altri prigionieri, sacerdoti e laici, è assassinato insieme ai suoi compagni di prigionia.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Emanuele Basulto Jimenez, pregate per noi.

*Beato Emanuele Borràs Ferré - Vescovo e Martire (12 Agosto)  
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli di Tarragona" - Senza Data (celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

La Canonja, Spagna, 9 settembre 1880 - Montblanch, Spagna, 12 agosto 1936
Ucciso in odio alla fede cattolica nel contesto della guerra civile spagnola, il Papa Benedetto XVI in data 28 giugno 2012 ha riconosciuto il suo martirio, insieme a quelli di altri 146 compagni. La beatificazione ha avuto luogo a Tarragona, in Spagna, il 13 ottobre 2013 sotto il pontificato di Papa Francesco.
Nacque in Canonia, provincia e diocesi di Tarragona, il 9 settembre 1880. Ordinato sacerdote il 19 settembre 1903, poco dopo fu nominato notaio della Curia del tribunale metropolitano, sostituto del
cancelliere; fu anche direttore spirituale del seminario.
Fu consacrato vescovo  di Bisica e ausiliare del card. Vidal y Barraquer, nella cattedrale di Tarragona il 2 luglio 1934. Il 2 luglio incominciarono i moti rivoluzionari e gli incendi dei conventi; l’Azione Cattolica si offrì per piantonare l’episcopatoallo scopo di proteggerlo, ma egli rifiutò.
Quando però incendiarono l’orfanotrofiodelle suore, il Borras, per proteggere il cardinale e i familiari, si decise di rifugiarsi nel monastero di Plobet, luogo adatto per restare nella diocesi.
Ma questo a nulla valse, perché i rivoltosi il 23 luglio 1936si presentarono, durante il vespro, per arrestare i prelati. Il Borras fu chiuso in carcere a Montblanch e il 12 agosto i sicari entrarono nella cella per l’esecuzione. Il servo di Dio salutò il compagno di cella: “Adios, Fornell, ci vedremo in cielo”.
Lo fecero salire su un autocarro che prese la via di Col de Lilla a 3 km. e mezzo da Montblanch, e qui lo fucilarono.
Egli cadde in atto di benedire e di perdonare.
Il corpo fu poi bruciato, come attestarono alcuni testimoni. Nel processo ordinario aperto a Tarragona il 2 luglio 1959, furono uniti al Borras 146 ecclesiastici del clero secolare e regolare, uccisi in giorni diversi dello stesso periodo.

(Autore: Leone Luigi Morelli - Fonte: Enciclopedia dei Sati)
Giaculatoria - Beato Emanuele Borràs Ferré, pregate per noi.

*Beato Enrique Marìa Gòmez Jiménez - Sacerdote e Martire (12 Agosto)  
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Cuenca, Spagna, 15 luglio 1865 – 12 agosto 1936

Enrique María Gómez Jiménez nacque a Cuenca, in provincia e diocesi di Cuenca, il 15 giugno 1865. Il 26 maggio 1888 fu ordinato sacerdote. Aveva un beneficio presso la Cattedrale dell’Incarnazione di Almería quando morì in odio alla fede cattolica il 12 agosto 1936, a Cuenca, nell’omonima provincia. Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Enrique Marìa Gòmez, pregate per noi.

*Sant'Ercolano di Brescia - Vescovo (12 Agosto)
Patronato: Salò (BS)
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Brescia, Sant’Ercolano, vescovo.
Negli antichi cataloghi della città figura al diciottesimo posto, tra San Cipriano e Sant’ Onorio, ma è
impossibile stabilire gli anni del suo episcopato.
Si può soltanto affermare che si svolse nel sec. VI, probabilmente poco dopo la metà.
Sarebbe morto a Campione del Garda, dove, secondo alcuni, si era ritirato a vita eremitica.
Le sue reliquie, ritrovate nella chiesa di Maderno nel 1282, furono esposte l'anno successivo alla pubblica venerazione e vennero riconosciute nel 1486 dal vescovo locale, Paolo Zane.
Nel 1580 San Carlo Borromeo dalla vecchia arca le trasferì all'altare maggiore.
Il 7 maggio 1587 il vescovo Morosini le ripose in un sepolcro di marmo con iscrizione. La sua memoria ricorre il 12 agosto, giorno in cui è festeggiato a Salò, di cui è patrono, e nei luoghi vicini.

(Autore: Antonio Fappani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ercolano di Brescia, pregate per noi.

*Sant'Euplo (Euplio) di Catania - Diacono e Martire  (12 Agosto)
Catania, sec. IV
La popolarità di Sant' Agata a Catania ha oscurato un altro martire, il concittadino Sant' Euplo (o Euplio), diacono, che subì il martirio «sotto il nono consolato di Diocleziano e l'ottavo di Massimiano, la vigilia delle idi di agosto, a Catania», cioè il 12 agosto 304.
Questi dati provengono da un antico documento, «la Passione di Sant' Euplo», che racconta le ultime ore del diacono.
Davanti al tribunale che lo processava Euplo gridò ad alta voce: «Io sono cristiano; desidero morire per il nome di Cristo».
Non volendo per nessuna ragione abiurare la sua fede, il governatore della città, Calviniano, ordinò che fosse decapitato.
Gli fu posto al collo il Vangelo che portava al momento dell'arresto; davanti a lui un araldo gridava: «Euplo, cristiano, nemico degli dèi e degli imperatori!».
Euplo, tutto contento, ripeteva senza posa: «Grazie a Cristo Dio».
Affrettava il passo come se andasse alla incoronazione.
Arrivato sul luogo del supplizio si mise in ginocchio e pregò a lungo.
Poi presentò la testa e fu decapitato. (Avvenire)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Catania, Sant’Euplo, martire: secondo la tradizione, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, fu gettato in carcere dal governatore Calvisiano perché trovato con il libro dei Vangeli tra le mani; interrogato più volte, fu battuto a morte per aver risposto di serbare
con vanto il Vangelo nel suo cuore.
La popolarità di Sant' Agata a Catania ha posto in ombra un altro glorioso martire, il concittadino Sant' Euplo (o Euplio), diacono, che subì il martirio "sotto il nono consolato di Diocleziano e l'ottavo di Massimiano, la vigilia delle idi di agosto, a Catania", cioè il 12 agosto 304.
Questi dati ci provengono da un antico documento, storicamente attendibile, la Passione di S. Euplo, esemplare per concisione e drammaticità. "Il diacono Euplo, trovandosi nello spazio dietro il ùvelario del tribunale, gridò ad alta voce: "Io sono cristiano; desidero morire per il nome di Cristo"".
Il governatore della città, Calviniano, lo convocò dinanzi a sé, e dopo un breve preliminare gli ordinò di leggere un brano dei libri che recava con sé.
Euplo lesse: "Felici quelli che soffrono persecuzione per la giustizia, poichè di essi è il regno dei cieli". Poi spiegò: "E’ la legge del mio Signore, tale e quale mi è stata trasmessa".
Calviniano ordinò che Euplo fosse torturato, e durante il supplizio avvenne il secondo interrogatorio e l'invito a ritrattare la precedente confessione: "Euplo si segnò la fronte con la mano rimasta libera e rispose: "Quello che ho confessato, lo confesso ancora: sono cristiano e leggo le divine Scritture"".
I carnefici continuavano a infierire sul suo corpo ed egli pregava: "io ti rendo grazie, o Cristo; salvami, perché soffro per te".
Il governatore ordinò una pausa e compì l'ultimo tentativo per convincere Euplo a sacrificare agli dei: " Disgraziato, adora gli dei.
Onora Marte, Apollo ed Esculapio".
Ed Euplo rispose: "io adoro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Io adoro la Santa Trinità. Tranne questo, non c'è altro Dio...
Io sacrifico, ma offro me stesso in sacrificio a Cristo Dio, non ho niente di più da sacrificare; i tuoi sforzi sono vani, io sono cristiano".
Euplo venne condannato alla decapitazione: "Gli fu posto al collo il Vangelo che portava al momento dell'arresto; davanti a lui un araldo gridava: "Euplo, cristiano, nemico degli dèi e degli imperatori!".
Euplo, tutto contento, ripeteva senza posa: "Grazie a Cristo Dio".
Affrettava il passo come se andasse alla incoronazione.
Arrivato sul luogo del supplizio si mise in ginocchio e pregò lungamente.
Poi presentò la testa al boia e fu decapitato.
Più tardi, alcuni cristiani vennero a portare via il corpo.
Prima di seppellirlo lo imbalsamarono".
Sant'Euplio è il protettore e compatrono di Francavilla di Sicilia (ME), il protettore di Trevico (AV), il compatrono di Catania.

(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Euplo di Catania, pregate per noi.

*Beato Félix Pérez Portela - Sacerdote e Martire (12 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Jaén" - Senza Data (celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" - Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole) "Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

Adanero, Spagna, 21 febbraio 1895 - Vallecas, Spagna, 12 agosto 1936
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Félix Pérez Portela, pregate per noi.

*Beato Flavio (Atilano) Argüeso Gonzalez - Religioso e Martire (12 Agosto)  

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Fatebenefratelli" Beatificati nel 1992 - Senza Data (Celebrazioni singole) -
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

Mazuecos de Valdeginate, Spagna, 5 ottobre 1877 - Valmoran, Spagna, 12 agosto
Fra Flavio Argùeso, religioso dei Fatebenefratelli, nato nel 1877 a Mazuego de Valdeginate, in diocesi e provincia di Palencia, era rimasto a Ciempozuelos per curare i malati appena rimessosi in salute.
Fu infine ucciso dai nemici della fede. Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 25 ottobre 1992.

Martirologio Romano: A Valmoran presso Madrid sempre in Spagna, Beato Flavio (Atilano) Argüeso González, religioso dell’Ordine di San Giovanni di Dio e martire, che nella medesima persecuzione fu ucciso in odio alla fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Flavio Argüeso Gonzalez, pregate per noi.

*Beato Floriano Giuseppe (Florian Jozef) Stepniak - Sacerdote e Martire (12 Agosto)
Schede dee gruppi a cui appartiene:
“Beati Cinque Frati Cappuccini” Martiri Polacchi
Ulteriore scheda:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Zdzary, 3 gennaio 1912 - Linz (Austria), 12 agosto 1942

Il Beato Floriano nasce da genitori contadini a Zdzary (Polonia), il 3 gennaio 1912.
Entra nell'Ordine dei cappuccini, dove si distingue per zelo, generosità e devozione.
È ordinato sacerdote il 24 giugno 1938. Allo scoppio della guerra non abbandona il convento ma continua coraggiosamente a confessare i fedeli.
Nella sua vita mette in pratica la frase apposta sull'immagine dell'ordinazione sacerdotale: «Siamo pronti a darvi non solo il Vangelo, ma la nostra stessa vita».
Parole che esprimevano l'essenza della sua esistenza di religioso. Il 25 gennaio 1940, insieme a tutti i frati del convento, è arrestato dalla Gestapo e deportato al campo di concentramento di Sachsenhausen e successivamente a Dachau.
Muore il 12 agosto del 1942, martire delle persecuzioni naziste. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, Beati Floriano Stępniak, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, e Giuseppe Straszewski, sacerdoti e martiri, che, al tempo dell’invasione della Polonia durante la guerra, morirono nel campo di prigionia in una camera a gas.
Il Beato Floriano nacque a Zdzary, nei pressi di Nowe Miasto, il 3 gennaio 1912. I suoi genitori erano contadini e si chiamavano Paolo e Anna Misztal. Ricevette il battesimo il 4 gennaio 1912, con il nome di Giuseppe. La madre morí quando egli era ancora piccolo. Il padre si risposò. Terminata la scuola primaria a Zdzary, avvertí un forte desiderio di studiare e di diventare cappuccino. Grazie ai cappuccini di Nowe Miasto ultimò la scuola secondaria superiore e, successivamente, nel 1927, gli studi nel Collegio di S. Fedele dei cappuccini di Lomza.
Di capacità mediocri, suppliva alle carenze con la diligenza e la laboriosità. Un suo compagno di studi, fr. Gaetano Ambrozkiewicz, lo descrive cosí: "Un'anima santa. Solidale, franco, allegro, eppure già allora un po' diverso da noi, ragazzi giocherelloni e con la testa fra le nuvole".
Aderí al Terz'Ordine di S. Francesco quand'era allievo del ginnasio. In seguito si rivolse all'Ordine dei cappuccini di Nowe Miasto, presso i quali iniziò il noviziato il 14 agosto del 1931 e, insieme all'abito religioso, ricevette il nome di Floriano. Nel noviziato si distinse per il suo zelo, la generosità e la devozione.
Fece la professione temporanea il 15 agosto 1932. Dopo aver terminato il corso di filosofia, il 15 agosto 1935 emise la professione perpetua. Continuò gli studi teologici a Lublino.
Terminati questi, fu ordinato sacerdote il 24 giugno 1938. Dopo di che venne inviato alla Facoltà di Teologia dell'Università Cattolica di Lublino per studiare Sacra Scrittura. Allo scoppio della guerra, il 1° settembre 1939, si trovava a Lublino In quei giorni e mesi cruciali non abbandonò il convento al pari di altri, ma continuò coraggiosamente a confessare i fedeli.
Per via delle persecuzioni, molti ecclesiastici si nascondevano e non c'era chi potesse seppellire i morti. Floriano se ne incaricò con grande coraggio e generosità. Non fece altro, in realtà, che mettere in pratica quella frase programmatica della vita religiosa che aveva apposto di suo pugno sulla immaginetta dell'ordinazione sacerdotale: "Siamo pronti a darvi non solo il Vangelo, ma la nostra stessa vita". Una frase che esprimeva l'essenza della sua vita.
Non ebbe modo di operare a lungo a Lublino. Il 25 gennaio 1940, insieme a tutti i frati del convento, fu tratto in arresto dalla Gestapo e imprigionato nel Castello cittadino.
L'arresto fu per lui uno schock, ma non crollò e non perse l'ottimismo e l'allegria che, in lui, erano innati. Il 18 giugno 1940, insieme ad altri confratelli, fu tradotto al campo di concentramento di Sachsenhausen. vicino a Berlino. Anche qui non perse il suo buonumore, benché la vita dei lager fosse cosí terribile.
Il 14 dicembre 1940 fu trasferito al campo di concentramento di Dachau, dove gli fu dato il numero di matricola 22.738. I suoi confratelli prigionieri lo chiamavano "padre spirituale" del blocco dei condannati e "sole del campo".
Il freddo lo afflisse fino a minare il suo organismo. Era un uomo di struttura forte e robusta, quindi necessitava di molto nutrimento. Alla debilitazione per fame si aggiunse la malattia. Nell'estate del 1942 si ammalò e fu ricoverato nell'ospedale del campo, la cosiddetta "corsia". In quel periodo tutti gli inabili al lavoro e gli infermi venivano destinati, come invalidi, al trasferimento dove c'erano "condizioni migliori". Li venne destinato anche Floriano.
Dopo alcune settimane, nonostante le razioni da fame e la degenza in ospedale, si rimise a sufficienza e fu dimesso. Ma non fu riportato nel suo blocco. In quanto convalescente fu trasferito nel blocco per gli invalidi (numero 29, dispari). Cosí ricorda il comportamento di fr. Floriano il suo compagno di sventura nel lager, fr. Gaetano Ambrozkiewicz:
"Alcuni amici sacerdoti, riusciti a scampare al blocco invalidi, narrarono che fr. Floriano Stepniak aveva portato la luce a quell'infelice baracca. Gli uomini chiusi là dentro erano destinati a morire.
Morivano di stenti a decine e numerosissimi venivano condotti via a gruppi non si sa dove. Soltanto in seguito si seppe che venivano eliminati nelle camere a gas nei dintorni di Monaco.
Chi non ha provato il lager non ha idea di cosa significasse per quella gente, solo pelle e ossa del blocco degli invalidi, immersa in un'atmosfera di morte, una mite parola di conforto; che cosa potesse rappresentare per loro il sorriso di un cappuccino ridotto allo stremo come loro".
Quando venne la volta della lettera "S" (il cognome era Stepniak), Floriano fu condotto al reparto degli invalidi, nonostante si sentisse ormai bene e fosse in grado di tornare ai lavoro. Fu ucciso con il gas il 12 agosto del 1942. Il corpo fu con ogni probabilità cremato nei forni. Le autorità del campo recapitarono ai genitori, a Zdzary, l'abito, avvertendoli malignamente che il figlio Giuseppe era morto di angina.

(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Beato Floriano Giuseppe (Florian Jozef) Stepniak, pregate per noi.

*Santi Giacomo Do Mai Nam, Antonio Nguyen Dich e Michele Nguyen Huy My - Martiri (12 Agosto)

Essendosi rifiutati di abbandonare il cristianesimo, furono decapitati dopo atroci sipplizi, durante la persecuzione in Vietnam.
Martirologio Romano: Nella città di Nam Định nel tonchino, ora Viet Nam, Santi martiri Giacomo Đỗ Mai Năm, sacerdote, Antonio Nguyễn Đich, contadino, e Michele Nguyễn Huy Mỹ, medico, decapitati per Cristo dopo atroci supplizi sotto l’imperatore Minh Mạng.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Giacomo Do Mai Nam, Antonio Nguyen Dich e Michele Nguyen Huy My, pregate per noi.

*Santa Giovanna Francesca de Chantal - Religiosa (12 Agosto)
Digione, Francia, 1572 - Moulins, 13 dicembre 1641
La vita di Giovanna Frémiot è legata indissolubilmente alla figura di Francesco di Sales, suo direttore e guida spirituale, e di cui fu seguace e al tempo stesso ispiratrice e collaboratrice.
Nata a Digione nel 1572, a vent'anni sposò il barone de Chantal, da cui ebbe numerosi figli.
Rimasta vedova, avvertì sempre di più il desiderio di ritirarsi dal mondo e di consacrarsi a Dio.
Sotto la guida di Francesco di Sales, diede vita a una nuova fondazione intitolata alla Visitazione e destinata all'assistenza dei malati.
L'Istituto si diffuse rapidamente nella Savoia e nella Francia.
Ben presto seguirono Giovanna, diventata suor Francesca, numerose ragazze, le Visitandine, come erano chiamate e universalmente note le suore dell'Isituto.
Prima della sua morte, avvenuta a Moulins il 13 dicembre del 1641, le case della Visitazione erano 75, quasi tutte fondate da lei. (Avvenire)

Etimologia: Giovanna = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico
Martirologio Romano: Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, religiosa: dal suo matrimonio cristiano ebbe sei figli, che educò alla pietà; rimasta vedova, percorse alacremente sotto la guida di San Francesco di Sales la via della perfezione, dedicandosi alle opere di carità soprattutto verso i poveri e i malati; diede inizio all’Ordine della Visitazione di Santa Maria, che diresse pure con saggezza.
Il suo transito avvenuto a Moulins sulle rive dell’Allier vicino a Nevers in Francia ricorre il 13 dicembre.
(13 dicembre: Nel monastero della Visitazione a Moulins in Francia, anniversario della morte di Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, la cui memoria si celebra il 12 agosto).
Alla figura di questa grande Santa francese, morta il 13 dicembre dei 1641, ma ricordata oggi nel Calendario universale, non si può non avvicinare quella di San Francesco di Sales, che fu suo direttore e guida spirituale, e di cui ella fu seguace e al tempo stesso ispiratrice, penitente e insieme collaboratrice.
Così, Santa Giovanna di Chantal e San Francesco di Sales formano una delle due coppie più celebri e più alte nella spiritualità francese del '600 - e anche nelle opere di assistenza. L'altra coppia, non meno grande, è formata da San Vincenzo de Paul e da Santa Luisa di MarilIac.
Il grande predicatore e direttore d'anime, Vescovo di Ginevra, l'aveva vista la prima volta quando predicava la Quaresima del 1604, a Digione.
Giovanna era sulla trentina, e indossava severi abiti vedovili. Al primo colloquio, il modestissimo abbigliamento della vedova non parve abbastanza modesto a San Francesco di Sales, il quale le domandò:
o Lei ha intenzione di rimaritarsi, Signora?".
o No", rispose Giovanna.
"Bene – soggiunse il Santo, con un rapido cenno degli occhi - Allora sarà meglio ammainare le insegne".
La rinunzia interiore, che formava il nocciolo dell'insegnamento del Vescovo di Ginevra, doveva essere accompagnata e sottolineata anche dalla rinuncia esteriore.
E tale passo non fu facile, per la figlia del ricchissimo Presidente Frémyot, nata a Digione nel 1572, e vissuta nel castello di Bourbilly accanto al Barone di Chantal, da lei sposato a venti anni, in un matrimonio affettuoso e felice, dal quale nacquero numerosi figli.
Un incidente di caccia le aveva tolto il marito quando Giovanna aveva ventotto anni.
La donna fu sull'orlo della disperazione.
La salvò la necessità di curare i figli, ancora piccoli, e soprattutto la forza della sua fede, che ebbe in lei aspetti quasi virili, di grande coraggio e ardimento.
Dopo il primo incontro, San Francesco di Sales ne assunse la direzione spirituale, con quella leggerezza di tatto che era il carattere distintivo del grande Santo savoiardo.
Ella avvertiva sempre di più il desiderio di ritirarsi dal mondo, e di vivere soprattutto per Dio.
Fino all'ultimo, il direttore di spirito volle metterla alla prova.
"Ascoltate - le disse un giorno - bisogna che voi entriate a Santa Chiara".
"Padre mio - ella rispose - sono prontissima".
"No - riprese il Santo. - Non siete abbastanza robusta.
Dovrete farvi suora nell'ospedale di Beaune".
"Tutto ciò che vi parrà" accondiscese Giovanna.
E Francesco: "Non è ancora ciò che voglio: dovrete essere Carmelitana ". "Sono pronta ad obbedire" ripeté la vedova.
Dopo aver così saggiato a lungo lo zelo e l'obbedienza della donna, il Santo le espose il suo progetto, di una nuova fondazione intitolata alla Visitazione e destinata all'assistenza dei malati.
Di questa nuova fondazione ella doveva essere cofondatrice e prima direttrice.
Giovanna di Chantal si disse di nuovo pronta, ma questa volta con maggior fervore, con un sussulto del cuore.
Ma occorsero alcuni anni, prima che la figlia del Presidente di Digione, sistemati i figli e disposto dei suoi beni terreni, potesse diventare la prima suora della Visitazione.
L'Istituto che ebbe ad Annecy la prima sede, conobbe una rapida e vasta fortuna nella Savoia e nella Francia.
Attorno a Giovanna, diventata Suor Francesca, si moltiplicarono le caritatevoli Visitandine, come le sue suore erano chiamate e presto universalmente note e amate.
Prima della sua morte, le case della Visitazione erano 75, quasi tutte fondate da lei, Giovanna Francesca di Chantal, nello spirito di carità del grande San Francesco di Sales.

(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - Santa Giovanna Francesca de Chantal, pregate per noi.

*Beato Giuseppe (Jozef) Straszewski - Sacerdote e Martire (12 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Wloclawek, Polonia, 18 gennaio 1885 - Dachau, Germania, 12 agosto 1942

Jozef Straszewski, sacerdote della diocesi di Wloclawek, cadde vittima dei nazisti nel celebre campo di concentramento tedesco di Dachau.
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 lo elevò agli onori degli altari con ben altre 107 vittime della medesima persecuzione.

Martirologio Romano: A Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, Beati Floriano Stępniak, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, e Giuseppe Straszewski, sacerdoti e martiri, che, al tempo dell’invasione della Polonia durante la guerra, morirono nel campo di prigionia in una camera a gas.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Straszewski, pregate per noi.

*Beato Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi) - 236° Papa (12 Agosto)
m. 1689
(Papa dal 04/10/1676 al 12/08/1689)
Nato a Como, incominciò una grande opera di moralizzazione, proibendo l'usura e imponendo norme austere ai vescovi. Condannò la dottrina del "quietismo" del sacerdote spagnolo Miguel de Molinos.
Etimologia: Innocenzo = senza peccato, dal latino
Martirologio Romano: A Roma, Beato Innocenzo XI, Papa, che resse saggiamente la Chiesa, sebbene provato da forti dolori e tribolazioni.
Benedetto Odescalchi nacque a Como il 19 maggio 1611 dal nobile Livio Odescalchi e da Paola Castelli di Gandino Bergamasco.
Dopo una prima educazione ricevuta in famiglia, frequentò il collegio dei gesuiti di Como, dove fu iscritto alla Congregazione Mariana, onore riservato agli alunni migliori; a undici anni rimase orfano del padre e a quindici anni nel 1626, dopo aver ultimato i corsi umanistici, si trasferì a Genova presso lo zio Papirio, che dirigeva la “Società Odescalchi”, per fare pratica nell’attività amministrativa e negli affari.
Nel 1630, la madre morì colpita dall’epidemia di peste, che invece risparmiò Benedetto, passarono alcuni anni in cui si alternò fra Como e Genova, finché nel 1636 si spostò a Roma dove frequentò per un biennio, i corsi di diritto civile e canonico alla Sapienza, completandoli poi a Napoli, dove si laureò in ‘utroque jure’, il 21 novembre 1639.
Nel frattempo maturava in lui la vocazione allo stato religioso e a Napoli ricevé la tonsura il 18 febbraio 1640.
Ritornato a Roma in pieno periodo barocco, intraprese spinto dal fratello Carlo, la carriera ecclesiastica, conducendo una vita da prelato romano, ricoprendo varie cariche nella Sede Apostolica, ma senza farsi coinvolgere dallo sfarzo della vita romana seicentesca, anzi conduceva vita ritirata, dedito alla beneficenza nascosta.
Opportunità politiche e di consapevolezza per la sua persona, fecero sì da essere scelto dalla corte pontificia ad avere l’incarico di "Commissario straordinario delle tasse" nelle Marche; compito che assolse con competenza e umanità, prudenza e fermezza.
I risultati ottenuti gli ottennero nel 1644 la carica di governatore di Macerata; il nuovo Papa Innocenzo X, gli conferì titoli onorifici e nel 1645 lo creò cardinale diacono, proseguendo la sua attività presso la Curia.
Nel 1648 Papa Innocenzo X, allo scopo di arginare le difficoltà della popolazione di Ferrara, per la prolungata carestia, lo nominò governatore della suddetta provincia; la sua accorta politica economica, l’approvvigionarsi dalla Puglia del grano necessario, la lotta alle frodi, la distribuzione di viveri e denaro ai poveri, il calmiere dei prezzi, diedero vita all’economia delle afflitte popolazioni, così sui muri veniva scritto “Benedictus qui venit in nomine Domini”; “Viva il cardinale Odescalchi, padre dei poveri”.
Nel 1650 il Papa lo nominò vescovo di Novara e giacché Benedetto non era sacerdote (il titolo di cardinale, contrariamente ad oggi, non richiedeva necessariamente che fosse un consacrato), accettò la volontà di Dio, divenendo presbitero il 20 novembre 1650 e poi consacrato vescovo il 30 gennaio 1651, consacrazioni avvenute in Ferrara.
Prendendo a modello le costituzioni sinodali di San Carlo Borromeo, anche se non aveva un’esperienza diretta della cura pastorale delle anime, lavorò con uno zelo illuminato ed ardente in tutti i campi
della vita ecclesiastica e sociale della diocesi.
Nel 1654 andò a Roma per la periodica visita "ad limina," e il Papa lo trattenne presso di sé come consigliere, cosa che fece anche il suo successore Papa Alessandro VII; costretto da tale situazione a stare lontano da Novara, nel 1656 chiese al Papa di essere esonerato dal compito di vescovo residenziale; rimanendo così a Roma al servizio della Chiesa.
Il 21 settembre del 1676, con una unanimità di consensi fu eletto Papa, assumendo il nome di Innocenzo XI; durante il suo pontificato durato tredici anni, combatté il nepotismo abolendo la carica di “cardinale-nepote”, condannò l’usura, il lusso, esortando alla carità e alla beneficenza, dando il suo personale esempio all’ascetismo.
Fu in contrasto con il re di Francia Luigi XIV, il Re Sole per varie questioni di principio, come quello del diritto di regalia rivendicato dal re, come ampliamento del suo assolutismo; ci fu il contrasto con l’’oratore’ (ambasciatore) di Francia presso la Santa Sede, che in opposizione con quanto disposto dal Papa per limitare i privilegi dei diplomatici accreditati a Roma, trasformò la sua residenza in una quasi fortezza.
La reazione di Luigi XIV fu di occupare la cittadina pontificia di Avignone.
Più fruttuosa fu l’intensa opera diplomatica svolta dalla Chiesa nel coalizzare le forze europee contro l’avanzata turca e negli anni dal 1677 al 1686 fu tutto un susseguirsi di firme di trattati di pace, tregue, alleanze, Lega santa, culminate con la difesa di Vienna e di Buda dall’offensiva musulmana.
Fece proclamare che primo dovere del Papa era la propagazione e difesa della fede cattolica; eresse nuove diocesi in Brasile, costituì le università domenicane di Manila e in Guatemala, favorì le missioni carmelitane in Persia, cercò di abolire il commercio degli schiavi, riceveva personalmente i missionari per essere informato sulle situazioni locali.
Diceva: “Come dall’Oriente a noi era venuta la fede, così doveva l’Occidente ridarla agli orientali”.
Favorì grandemente l’insegnamento catechistico ai fanciulli, ai soldati, a tutti i fedeli, facendo compilare un programma d’insegnamento, fece preparare a tale scopo un collegio di maestre chiamate ‘maestre Odescalchi’.
La sua vasta opera di un pontificato di largo respiro, svolto in un periodo d’innovazioni ideologiche, non si può descrivere in così poco spazio; Innocenzo XI soffrì molto nel fisico per varie malattie che l’avevano colpito ma che accettava con piena fiducia in Dio, morì il 12 agosto 1689, acclamato santo dal popolo dei fedeli, fu sepolto in S. Pietro, dove poi gli fu eretto il grandioso monumento funebre opera dello scultore Pietro Stefano Monnot. Fu dichiarato Beato da Papa Pio XII il 7 ottobre 1956.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Innocenzo XI, pregate per noi.

*San Jaenbert - Arcivescovo di Canterbury (12 Agosto)

† Canterbury, Inghilterra, 11 agosto 791
San Jaenbert è inglese di nascita, ma se ne ignora l’anno e quindi non si è in grado di dire quanti anni visse, è conosciuto anche con altri nomi varianti del primo: Gegenberht, Jainbert, Janibert, Lambert, Jambert.
Nel 760 venne nominato abate di Sant'Agostino a Canterbury, succedendo al defunto Aldhun e benedetto dall’arcivescovo della città Bregwin.
Quattro anni dopo nel 764 l’arcivescovo Bergwin morì e il suo corpo fu sepolto nella Christ Church, sollevando un vespaio di polemiche, in quanto il monastero di Sant'Agostino aveva il privilegio di custodire le spoglie di re e arcivescovi, per questo Jaenbert, in qualità di abate protestò a Roma; allora i monaci della Christ Church per bloccare il ricorso, lo elessero arcivescovo.
La data della sua consacrazione è il 2 febbraio 765, cerimonia officiata da Egbert, arcivescovo di York. Non vi sono molte notizie sui primi anni del suo episcopato, durato 26 anni, ma è certo che il prestigio della sede di Canterbury era molto alto in quell’epoca, anche a seguito della controversa situazione politica del Kent, che vedeva contrapposti gli interessi dei Sassoni Occidentali ed Orientali e dei Merciani.
Probabilmente fu in questo periodo che gli arcivescovi di Canterbury acquisirono il diritto di battere moneta, è certo che Jaenbert fu il primo arcivescovo di cui si sono conservate le monete.
È documentato che nel 767 Jaenbert ricevette il pallio arcivescovile da papa Paolo I (757-767) e con questa dignità poté, il 24 aprile dello stesso anno consacrare i vescovi Ethelbert di York, Alhmund di Hexham e Ceolwuff di Lindsey.
Intanto negli anni successivi nella Mercia (uno dei sette regni dell’eptarchia fondati dagli Anglosassoni nella seconda metà del V secolo), si andò affermando l’autorità del re Offa (757-796), il quale dopo la vittoria dei suoi soldati su quelli del Kent, cominciò una politica che tendeva a togliere la dipendenza della sede vescovile della Mercia da quella del Kent, così da poterla più facilmente controllare direttamente.
Inoltre il contrasto scaturiva dal sostegno che Jaenbert, quasi sicuramente aveva dato a Eadbert Praen, oppositore contro Offa e dal sospetto che il re nutriva contro l’arcivescovo, su una sua complicità con i Sassoni Occidentali del Kent, per chiedere l’intervento di Carlo Magno, con il quale i rapporti fra i due sovrani non erano fiduciosi.
Il re Offa si mosse contro Jaenbert, chiedendo a Roma il distacco della Mercia da Canterbury e il pallio di arcivescovo per Higbert vescovo di Lichfield la capitale; il papa inviò due legati pontifici Giorgio e Teofilatto nel 786 e 787 per dirimere la questione.
Dopo aver ascoltato gli interessati, i legati proposero una serie di Concili provinciali, quello di Canterbury si tenne nel 787 con la partecipazione di dodici vescovi e dello stesso re Offa e i suoi dignitari; l’arcivescovo Jaenbert anch’egli partecipante, dovette accettare di cedere parte del suo territorio, mentre Higbert divenne arcivescovo e Egfrid, figlio di Offa fu consacrato re.
Higbert ricevette il pallio solo nel 788, anno in cui su alcuni documenti, il suo nome compare con il titolo di arcivescovo, eguale nella dignità a Jaenbert, ma inferiore per anzianità. Secondo studiosi delle vicende inglesi, alla sede di Canterbury furono tolte Worcester, Leicester, Sidnacester, Hereford, Elmham e Dunwich.
Secondo il necrologio di Canterbury, Jaenbert morì l’11 agosto 791; il suo corpo nel 1091 fu trasferito insieme a quello di Sant' Agostino di Canterbury († 604) nella sala capitolare della chiesa dell’abbazia omonima.
Dovendoci rifare necessariamente alle tradizioni dell’epoca, in quanto manca una ufficialità della Chiesa nel riconoscimento della santità della sua vita, si cita il Martirologio di Usuardo (compilato nell’875, per incarico di Carlo II il Calvo) e l’elenco dell’Ordine Benedettino, che riportano Jaenbert come santo, con celebrazione al 12 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Jaenbert, pregate per noi.

*San Gratiliano (Graciliano) - Martire (12 Agosto)
sec. III/IV
Santi Gratiliano (Graciliano) e Felicissima, Martiri

Secondo una passio composta verso il sec. VII, già nota ad Usuardo e collegata con quella di s. Eutizio di Ferento, sarebbero morti a Faleri, nell’Etruria suburbicaria, al tempo dell’imperatore Claudio (270). Sulla loro personalità però non abbiamo notizie sicure; la passio infatti non può considerarsi una fonte attendibile, ma, chiaramente leggendaria, ricalca, plagiandole, quelle dei santi Agnese, Lucia, Euplo, Vito, ecc.
Di Gratiliano, oltre la passio, nessun altro documento riporta alcuna notizia; Felicissima invece, molto venerata nell’Umbria e nella Toscana è ricordata nel Martirologio Geronimiano al 26 maggio come martire di Todi e al 24 novembre come martire di Perugia.
Il Lanzoni pensava che una sola fosse la martire Felicissima venerata in diversi giorni, in varie località, ma la diversa cronologia forse non permette tale identificazione. La martire di Faleri poi, secondo la passio, sarebbe morta il 12 agosto e a questa data era ricordata nel Martirologio Romano.
Quando fu distrutta Faleri nel VII sec., le reliquie di Gratiliano furono trasportate a Civita Castellana e collocate sotto l’altare maggiore della cattedrale.
Al tempo dell’invasione dei barbari furono trasferite nella cripta della medesima cattedrale, che in epoca più recente fu dedicata ai due martiri e dove fu installato un magnifico bassorilievo di marmo bianco che li rappresenta.
Le reliquie di Felicissima nello stesso tempo furono trasportate probabilmente a Ferento, donde, nel sec. XII furono trasferite a Viterbo ed onorevolmente collocate nella chiesa di S. Sisto. Il Martirologio di questa chiesa celebra la detta traslazione il 2 settembre, e l’invenzione delle reliquie nella medesima chiesa il 2 maggio.
Gratiliano è molto venerato anche a Bassano di Sutri, di cui è patrono principale. La chiesa parrocchiale di questo paese si gloria di possedere una reliquia del martire. Secondo notizie tutt’altro che certe l’insigne reliquia sarebbe stata donata nel 1437 dal vescovo di Civita Castellana al vescovo di Sutri e successivamente sarebbe stata trasportata a Bassano. In onore del martire furono costruite chiese anche a Capranica di Sutri ed a Gallese.
A causa della relazione che i martiri avrebbero con Sant'Eutizio di Ferento, i nostri santi sono venerati anche in Carbognano.

(Autore: Goffredo Mariani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gratiliano, pregate per noi.

*Beato José Jordán Blecua - Sacerdote e Martire (12 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data
(Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data
(Celebrazioni singole)

Azlor, Spagna, 27 maggio 1906 - Monzón, Spagna, 12 agosto 1936
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato José Jordán Blecua, pregate per noi.

*Beato José Nadal Guiu - Sacerdote e Martire (12 Agosto)  

Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Beati 522 Martiri Spagnoli"  
Beatificati nel 2013 - Senza data
(Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna"
Senza Data (Celebrazioni singole)

Bell-lloc d’Urgell, Spagna, 25 luglio 1911 - Monzón, Spagna, 12 agosto 1936
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato José Nadal Guiu, pregate per noi.

*Santa Lelia - Vergine (12 Agosto)

circa VI secolo
Etimologia:
Lelia = scherzosa
Martirologio Romano: Sempre in Irlanda, in una cella che porta il suo nome, Santa Lelia, vergine.
Alcune diocesi irlandesi, tra cui principalmente quella di Limerick, festeggiano in data odierna Santa Lelia, commemorazione riportata anche dal nuovo Martyrologium Romanum che nelle passate edizioni l’aveva esclusa.
Assoluta incertezza contraddistingue tanto l’epoca quanto il luogo in cui la Santa sarebbe vissuta. Pare fosse di origini irlandesi e la sua esistenza sarebbe forse collocabile all’incirca nel VI secolo. Pare infine attribuibile a lei la fondazione di alcune case religiose nella provincia di Munster.
Talvolta Santa Lelia è stata anche identificata con Santa Liadhain di Dalcassia, pronipote del principe Cairthenn, battezzata presso Singland da San Patrizio, apostolo dell’isola celtica.
Diede il nome a Killeely (Cill Liadaini), città nella contea di Limerick.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Lelia, pregate per noi.

*San Muiredach di Kellala - Vescovo (12 Agosto)

† 12 agosto 590 (?)

Martirologio Romano: A Killala in Irlanda, San Muredach, vescovo.
Sulla figura di Muiredach o Muredach, vescovo di Killala (Call Alaid), località sita nella contea di Mayo, alla foce del Moy, esistono due diverse tradizioni. Secondo la prima, attestata nella Vita Tripartita di san Patrizio, Muiredach sarebbe il protovescovo, insediato direttamente dall'apostolo dell'Irlanda in un anno imprecisato, si deve ritenere, tra il 434 e il 441.
La seconda tradizione, che appare indubbiamente più documentata, pone invece il floruit di Muiredach nella seconda metà del secolo VI, in accordo con le genealogie che fanno del vescovo, figlio di Eochaid, il sesto discendente da Laeghaire (morto nel 463), re d'Irlanda, figlio di Niall "dei nove Ostaggi". Per superare ogni difficoltà e soprattutto per salvare la tradizione partigiana, si è supposta l'esistenza di due vescovi omonimi, soluzione questa che è accettata anche da Gams, ma che qui si ritiene opportuno non seguire.
Contemporaneo di san Colomba, Muiredach fu tra i notabili che gli resero omaggio a Easdara (o Bally-sodare, Sligo), nel 575, dopo l’assemblea di Drumceat e morì verso il 590, un 12 agosto.
Ulteriore argomento contro un eventuale suo sincronismo con Patrizio può riscontrarsi nella Vita di san Corbmac ove si legge che Patrizio, Brigida, Columcille, Cannech e Muiredach avevano benedetto il porto di Killala: se Muiredach e Patrizio furono contemporanei, non sarebbe spiegabile una tale distanza dei due nomi nella citazione. Della vita di Muiredach non può dirsi altro, se non che fondò il monastero di Inismurray, isoletta nella baia di Killala.
Quanto al suo culto, la festa è recensita al 12 agosto nel Martirologio di Tallaghi e in quello del Donegal, ma una sua Messa è all’11 luglio tra le Missae propriae Sanctorum Patronorum Franciae et Hiberniae, edite a Parigi nel 1734.

(Autore: Mario Salasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Muiredach di Kellala, pregate per noi.

*Beato Pietro Jarrige de la Morélie de Puyredon - Martire  (12 Agosto)

Martirologio Romano: In una sordida galera al largo di Rochefort in Francia, Beato Pietro Jarrige de la Morélie de Puyredon, sacerdote, che durante la persecuzione contro la Chiesa morì per Cristo, esposto lungamente alla cocente violenza del sole.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pietro Jarrige de la Morélie de Puyredon, pregate per noi.

*San Porcario abate e Compagni - Monaci Martiri a Lérins (12 Agosto)
† Lérins (Provenza), 739 ca.
Martirologio Romano:
Nell’isola di Lérins nella Provenza in Francia, Santi martiri Porcario, abate, e molti altri monaci, che si tramanda siano stati uccisi dai Saraceni.
Il martirio dell’abate Porcario e dei suoi ca. 500 monaci di Lérins, celebre abbazia benedettina posta sulle isole di Lérins in Provenza e fondata nel 410 da Sant'Onorato, è situato nell’VIII secolo, quando le lotte fra Musulmani e Franchi sconvolsero la Provenza.
Nel 736 e nel 739 il patrizio Mauronto, si ribellò contro Carlo Martello (689-741) figlio di Pipino di Héristal cui successe nel 716 come maggiordomo d’Austrasia, chiedendo l’aiuto dei Musulmani, i quali si sparsero per tutta la Provenza saccheggiando dappertutto.
A loro volta i Franchi di Carlo Martello, anche loro aiutati dai Longobardi, venuti in loro soccorso, misero a ferro e fuoco il Paese in rivolta, superando in distruzioni quelle dei Musulmani.
E in questo orribile contesto di violenze e di rappresaglie, che si colloca il martirio di Porcario abate e dei suoi numerosi monaci.
Racconta una ‘Vita’ compilata nel secolo X, poi ricomposta nell’XI, che i Saraceni avevano già invasa la Provenza (la romana Provincia) regione meridionale della Francia, quando un angelo apparve all’abate di Lérins, Porcario, preannunciandogli che dieci giorni dopo, gli arabi si sarebbero impadroniti dell’abbazia e avrebbero ucciso i monaci.
In quel tempo l’abbazia benedettina di Lérins, posta sull’isola Saint-Honorat nel Mediterraneo di fronte a Cannes, contava più di 500 monaci, il numero così elevato comprendeva anche i monaci di altri monasteri dei dintorni che lì si erano rifugiati.
Alla notizia data dall’abate Porcario, tutti si dissero disposti a morire, tranne due giovani monaci di nome Colombo ed Eleuterio, che andarono a nascondersi in una grotta della costa.
Il Santo abate dispose di mettere in salvo le reliquie conservate nel monastero e poi inviò in Italia trentasei novizi e sedici ‘alunni’, affinché un giorno potessero ritornare e così ricostruire l’abbazia.
In un anno imprecisato intorno al 739, i Saraceni effettivamente sbarcarono sull’isola, distrussero il monastero con tutte le cappelle, uccidendo purtroppo tutti i monaci (stragi usuali in quelle invasioni), tranne quattro giovani che decisero di portare in schiavitù con loro.
Dalla caverna in cui si era nascosto insieme ad Eleuterio, il giovane monaco Colombo, assisté terrorizzato all’eccidio dei suoi confratelli, vedendo le loro anime che salivano al cielo; preso dal rimorso e resistendo ai tentativi di trattenerlo di Eleuterio, si presentò ai saraceni che lo decapitarono subito, ultimo dei martiri.
Il racconto prosegue narrando che i quattro giovani monaci fatti prigionieri, riuscirono ad evadere mentre erano nel porto di Agav, fuggendo attraverso i boschi fino al villaggio di Ara Lucis (ora Arluc), da dove poi raggiunsero di nuovo l’isola, ritrovandovi Eleuterio, che spaventato non aveva lasciato il suo nascondiglio.
Tutti e cinque presero a seppellire a Lérins l’abate ed i ca. 500 monaci uccisi, poi al termine del pietoso e straziante compito, partirono raggiungendo i novizi che si trovavano in Italia, giungendo fino a Roma per raccontare al papa, la morte dei monaci e la distruzione della celebre abbazia. Vent’anni dopo, tutto il gruppo ritornò a Lérins e come aveva previsto l’abate Porcario, ricostruirono l’abbazia.
È fuor di dubbio che i martiri furono vittime dello scontro politico fra i Musulmani ed i Franchi, più che per motivi religiosi, ma in quello sciagurato periodo dell’VIII secolo, tutti gli uomini di chiesa, che morivano di morte violenta, venivano considerati martiri; giacché gli storici non sono in grado di stabilire l’esatto numero delle vittime, è da supporre che in realtà fra l’invasione musulmana e il conseguente contrattacco franco-longobardo, i martiri siano stati complessivamente un 500 anche se non tutti nello stesso momento.
Porcario, Colombo ed i loro compagni sono stati sempre venerati a Lérins come santi e martiri, con celebrazione al 12 agosto, data ripresa poi dal “Martirologio Romano”.
Nell’abbazia esiste una cappella del X secolo, che segna il luogo in cui la maggior parte dei monaci vennero uccisi. Certamente dato il gran numero, le reliquie in parte saranno state portate in altri luoghi in Europa, dove hanno ricevuto un culto locale.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Porcario abate e Compagni, pregate per noi.

*Beati Sebastiano Calvo Martinez e Compagni - Martiri  (12 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro” (Senza Data - Celebrazioni singole)

+ Barbastro, Spagna, 12 agosto 1936
Martirologio Romano:
A Barbastro vicino a Huesca nell’Aragona in Spagna, Beati Sebastiano Calvo Martínez, sacerdote e cinque compagni, martiri, che, religiosi della Congregazione dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria, ancora nella stessa persecuzione portarono a termine il glorioso combattimento.
Sebastián Calvo Martinez. Nato a Gumiel de lzán (Burgos) il 20 gennaio 1903. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936. Sacerdote, 33 anni. Si distinse per il suo attaccamento alla vocazione. Svolse con precisione i suoi compiti. Fu austero con se stesso, cortese col prossimo e profondamente pio.
Gregorio Chirivàa Lacambra.
Nato a Siétamo (Huesca) il 24 aprile 1880. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936. Fratello, 56 anni.
Religioso esemplare, fervente e lavoratore. Di carattere semplice e allegro.
Infermiere e sarto, assi­steva con sollecitudine, carità e pazienza coloro che avevano bisogno del suo servizio.
Nicasio Sierra Ucar. Nato a Cascante (Navarra) l'11 ottobre 1890. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936.
Sacerdote di 45 anni. Affettuoso e cordiale, si distinse per la sua grande devozione alla Vergine.
Apostolo delle buone letture e della parola. Pregava molto, confessava e preparava a lungo le sue predicazioni.
Pedro Cunill Padròs. Nato a Vic (Barcellona) i1 18 marzo 1903. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936.
Sacerdote, 33 anni. Era molto caritatevole.
Parlava bene di tutti e rispettava sempre gli assenti. Era ammirato per la sua purezza, la sua grande virtù e la sua nota esemplarità.
Wenceslao Maria Claris Vilaregut. Nato a Olost de Lluçanés (Barcellona) Il 3 gennaio 1907. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936. Diacono, 29 anni. Pio, buono e molto impegnato nello studio.
Era di buona compagnia. Quando venne a conoscenza del martirio di P. Andrés Solá in Messico, esclamò: « magari toccasse a me quella sorte! ».
José Pavòn Bueno. Nato a Cartagena (Murcia) il 19 gennaio 1909. Ucciso a Barbastro il 12 agosto 1936. Sacerdote, 27 anni.
Dallo spirito gioioso, si distinse per la sua carità verso tutti e in particolare nell'assistenza ai malati.
Durante la prigionia animava i fratelli con la sua pietà e il suo buon umore.

(Autore: Andreas Resch – Fonte: I Beati di Johann Paolo II – Volume III: 1991 – 1995)
Giaculatoria - Beati Sebastiano Calvo Martinez e Compagni, pregate per noi.

*San Simplicio VIII - Vescovo di Vercelli (12 Agosto)

470 circa
Nell’antica basilica eusebiana, ora scomparsa e sostituita dall’attuale cattedrale, si vedeva dipinta nella navata centrale la serie dei primi 40 vescovi di Vercelli, partendo da Sant’ Eusebio fino a Nottingo, vissuti dalla metà del secolo IV all’830 circa; sotto ad ogni ritratto era scritto a grandi lettere il nome del personaggio rappresentato.
È ancora oggetto di studio, la datazione di questa serie di ritratti e di nomi, non è certo se fu realizzata da Norgando, immediato successore dell’ultimo effigiato e quindi nella prima metà delSan Simplicio VIII - Vescovo di Vercelli (12 agosto)
470 circa
Nell’antica basilica eusebiana, ora scomparsa e sostituita dall’attuale cattedrale, si vedeva dipinta nella navata centrale la serie dei primi 40 vescovi di Vercelli, partendo da Sant’ Eusebio fino a Nottingo, vissuti dalla metà del secolo IV all’830 circa; sotto ad ogni ritratto era scritto a grandi lettere il nome del personaggio rappresentato.
È ancora oggetto di studio, la datazione di questa serie di ritratti e di nomi, non è certo se fu realizzata da Norgando, immediato successore dell’ultimo effigiato e quindi nella prima metà del secolo IX, oppure da qualcuno dei vescovi, che eseguirono i restauri dopo la devastazione degli Ungari nell’899 o dopo l’incendio appiccato da Arduino da Ivrea (955-1015), che uccise il vescovo Pietro e ne incenerì la salma.
Certo i ritratti costituivano un documento autorevole per la storia degli antichi vescovi, ma essi per incuria o per vetustà, svanirono nel corso dei secoli, e soltanto 25 nomi poterono essere letti, quando i vescovi Bonomio e Ferrero, alla fine del XVI secolo e al principio del XVII, vollero trascriverli per comporre il catalogo episcopale della diocesi.
A ciò si aggiunge la dispersione dei documenti d’archivio, avvenuta durante le invasioni barbariche, particolarmente nell’epoca longobarda.
Quel poco che si conosce sui vescovi di Vercelli, vissuti dalla metà del V secolo al principio del IX, deriva da iscrizioni sepolcrali, da alcuni libri liturgici locali, da documenti di altre Chiese e da notizie di storia civile.
Pertanto anche di San Simplicio si sa ben poco, egli fu l’ottavo vescovo di Vercelli, così come riportato dal catalogo episcopale compilato dallo storico F. Savio (1898), che corregge quelli precedenti.
Si tratta di uno dei vescovi, il cui nome non si leggeva chiaramente sotto l’effige sbiadita.
Il suo episcopato può essere collocato verso il 470, nel difficile periodo delle invasioni barbariche; lo storico Cusano riferì che al principio del secolo XVII, ne fu scoperto il sepolcro con la seguente iscrizione: “Simplicius episcopus octavus, mira Dei gratia praeditus, maximo sanctitatis splendore praeluxit”. (Simplicio, ottavo vescovo, straordinariamente dotato della grazia di Dio, brillò vivamente del più grande splendore di santità).
Comunque questo testo è ritenuto apocrifo dagli studiosi e bisogna dire che di San Simplicio non si trova memoria nell’antico calendario eusebiano. L’autorevole “Bibliotheca Sanctorum” lo cataloga insieme a San Discolio, quarto vescovo di Vercelli, perché probabilmente celebrati nello stesso
giorno il 12 agosto, dal calendario liturgico locale. (Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simplicio VIII, pregate per noi. Secolo IX, oppure da qualcuno dei vescovi, che eseguirono i restauri dopo la devastazione degli Ungari nell’899 o dopo l’incendio appiccato da Arduino da Ivrea (955-1015), che uccise il vescovo Pietro e ne incenerì la salma.
Certo i ritratti costituivano un documento autorevole per la storia degli antichi vescovi, ma essi per incuria o per vetustà, svanirono nel corso dei secoli, e soltanto 25 nomi poterono essere letti, quando i vescovi Bonomio e Ferrero, alla fine del XVI secolo e al principio del XVII, vollero trascriverli per comporre il catalogo episcopale della diocesi.
A ciò si aggiunge la dispersione dei documenti d’archivio, avvenuta durante le invasioni barbariche, particolarmente nell’epoca longobarda.
Quel poco che si conosce sui vescovi di Vercelli, vissuti dalla metà del V secolo al principio del IX, deriva da iscrizioni sepolcrali, da alcuni libri liturgici locali, da documenti di altre Chiese e da notizie di storia civile.
Pertanto anche di San Simplicio si sa ben poco, egli fu l’ottavo vescovo di Vercelli, così come riportato dal catalogo episcopale compilato dallo storico F. Savio (1898), che corregge quelli precedenti.
Si tratta di uno dei vescovi, il cui nome non si leggeva chiaramente sotto l’effige sbiadita.
Il suo episcopato può essere collocato verso il 470, nel difficile periodo delle invasioni barbariche; lo storico Cusano riferì che al principio del secolo XVII, ne fu scoperto il sepolcro con la seguente iscrizione: “Simplicius episcopus octavus, mira Dei gratia praeditus, maximo sanctitatis splendore praeluxit”. (Simplicio, ottavo vescovo, straordinariamente dotato della grazia di Dio, brillò vivamente del più grande splendore di santità).
Comunque questo testo è ritenuto apocrifo dagli studiosi e bisogna dire che di San Simplicio non si trova memoria nell’antico calendario eusebiano. L’autorevole “Bibliotheca Sanctorum” lo cataloga insieme a San Discolio, quarto vescovo di Vercelli, perché probabilmente celebrati nello stesso giorno il 12 agosto, dal calendario liturgico locale.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simplicio VIII, pregate per noi.

*Beata Vittoria Diez y Bustos de Molina - Vergine e Martire (12 Agosto)

Siviglia, Spagna, 11 novembre 1903 – Hornachuelos, Spagna, 12 agosto 1936
La Beata Victoria Díez, membro dell’Istituzione Teresiana, esercitò l’Ufficio di maestra in piccoli Paesi dell’Andalusia, in Spagna.
Nella persecuzione scoppiata contro la Chiesa, fu uccisa ai 33 anni, il 12 agosto 1936 per confessare la sua fede, mentre gridava: Viva Cristo Re, e viva la Sua Madre.
Per arrivare al posto del martirio, ricorrendo a piede il cammino tra molti uomini fucilati davanti a lei, incoraggiava loro dicendo: “Coraggio, vedo il cielo aperto”.
Giovanni Paolo II la beatificò il 10 ottobre 1993, insieme al Fondatore dell’Istituzione Teresiana, San Pedro Poveda, anche lui ucciso per la fede qualche giorno prima.

Martirologio Romano: Nella cittadina di Hornachuelos vicino a Córdova in Spagna, Beata Vittoria Díez y Bustos de Molina, vergine e martire, che, insegnante nell’Istituto Teresiano, allo scoppio delle ostilità contro la Chiesa, confessò la sua fede cristiana e subì il martirio, mentre esortava gli altri a fare altrettanto.
É figlia unica e, forse, un po’ soffocata dall’affetto di mamma e papà. E lei, nata a Siviglia l’11
novembre 1903, cresce con questi genitori iperprotettivi, preoccupati sempre per la gracilità della sua costituzione, interiormente divisa tra il senso del dovere verso la sua famiglia e un desiderio missionario che di anno in anno si fa più insistente.
A prezzo di non pochi sacrifici i genitori, di condizione piuttosto modesta, riescono a farla studiare e lei si diploma maestra nel 1923.
Quasi contemporaneamente conosce la spiritualità di Santa Teresa d’Avila e ne resta affascinata; viene in contatto con l’Istituzione Teresiana e ne resta conquistata. Si tratta di un’associazione di laici, uomini e donne, che secondo le loro specifiche vocazioni, realizzano nei diversi campi educativi, culturali e professionali, la vocazione cristiana dei laici nel mondo “secondo lo stile dei primi cristiani”.  
A fondarla è stato un sacerdote infiammato d’amore per le anime, don Pedro Poveda Castroverde (ora anch’egli elevato alla gloria degli altari).
Lei, la maestrina che sta cercando una sede e sta facendo concorsi per poter insegnare, sente che l’ Istituzione Teresiana può rappresentare la realizzazione della sua vocazione missionaria perché le permette, pur restando nel mondo, di vivere il suo ruolo di insegnante e di donna impegnata con spirito evangelizzatore, aiutando gli altri a fare lo stesso.
Nel 1927 vince il suo primo concorso di insegnante e ottiene la prima sospirata nomina, ma deve trasferirsi a Cheles, un paesino dell’ Estremadura, quasi al confine con il Portogallo, dove resta per un anno, in compagnia della mamma.
L’anno successivo ottiene l’avvicinamento di sede e si trasferisce a Hornachuelos, a metà strada tra Cordova e Siviglia.
Il 1928 è anche l’anno della sua consacrazione al Signore nell’Istituzione Teresiana e questo avvenimento sembra mettere le ali al suo apostolato.
Perché nel paese in cui ha ottenuto il trasferimento non c’è che da rimboccarsi le maniche e tuffarsi nel lavoro, senza cercare l’impossibile ma anche senza accontentarsi del poco che già esiste.
Così organizza e dà nuovo impulso all’Azione Cattolica, programma corsi serali per le donne lavoratrici, trova un nuovo locale per la sua scuola, instaura nuovi rapporti con le famiglie delle sue alunne e riesce a mettere in piedi una rete di sostegno e di aiuto concreto per quelle più bisognose, organizza il catechismo per i ragazzi della parrocchia, addirittura diventa presidente del Consiglio Comunale.
A livello personale sostiene il suo apostolato con una robusta vita di fede e con atti di squisita carità verso le alunne più bisognose, per le quali si priva addirittura del cibo che la mamma le procura.
Così facendo è inevitabile che in paese rivesta un ruolo di primo piano e che, allo scoppio della guerra civile spagnola e della persecuzione religiosa contro la Chiesa Cattolica, finisca subito nell’occhio del ciclone.
La propaganda antireligiosa ingiunge la soppressione dalle aule scolastiche del crocifisso, che lei si porta a casa, e fa distribuire libri e opuscoli, che lei meticolosamente distrugge per evitare che influiscano negativamente sulla formazione morale e religiosa delle sue alunne.
Il 20 luglio 1936 viene assaltata la chiesa parrocchiale e arrestato il parroco; l’11 agosto tocca a lei essere imprigionata insieme ad altri in una casa adattata a carcere.
All’alba del giorno dopo, legati a due a due, sono diciotto i condannati a morte che sfilano per il paese, scortati dai miliziani, in direzione della miniera ed è lei, unica donna del gruppo, a incitare e incoraggiare gli uomini, soprattutto quelli che tremano al pensiero della morte imminente. Giunti alla miniera, dopo un processo-farsa, ciascun condannato è posizionato accanto alla bocca del pozzo e fucilato, in modo che il corpo vi cada direttamente dentro.
L’ultima ad essere chiamata è lei, alla quale promettono l’immediata libertà se grida “Viva il comunismo”. Basterebbe davvero poco per aver salva la vita, ma sarebbe un rinnegare la sua fede e insieme a questa, rinnegare tutta la sua vita e l’impegno apostolico fino ad allora profuso.
Allora risponde nel solo modo che sa: “Dico quello che penso: Viva Cristo Re e viva la Madre mia” e le sue parole sono coperte dagli spari che la fanno scomparire insieme agli altri nel pozzo della miniera.
Di lì la tireranno fuori a novembre per seppellirla nel cimitero del paese e trent’anni dopo la trasferiscono nella cripta dell’Istituzione Teresiana di Cordoba.
La Chiesa riconosce in Vittoria Diez y Bustos de Molina una testimone della fede, la cui morte è avvenuta in “odium fidei” e Giovanni Paolo II° la proclama Beata il 10 ottobre 1993.

(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Vittoria Diez y Bustos de Molina, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (12 Agosto)

*San Cassiano - Vescovo
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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